Simone Al Ani, performer e illusionista, ci ha raccontato per la prima puntata della rubrica Storie di Carica il percorso che gli ha permesso di seguire la sua più grande passione, tanto da farla diventare la sua professione. Ma ora ci svela qualcosa in più…
Ciao Simone. Ci hai raccontato tanto di te, ora focalizziamoci su alcuni aspetti del tuo percorso. Cosa ti hanno insegnato le discipline delle arti marziali?
Mi hanno insegnato a trovare “il mio centro”, a sedermi sul mio stesso peso, ad essere indipendente e a cogliere sempre l’occasione.
Ci hai raccontato di quel momento in cui, durante un esercizio di Kong Fu, hai visualizzato il movimento della lama nell’aria e hai capito che avrebbe cambiato la tua vita. Cosa ti ha affascinato di quel movimento?
Ho sentito un’emozione che subito ho chiamato “passione”: succede quando senti di non aver altra scelta e che ciò che stai facendo rappresenta la tua strada.
Da dove hai preso l’energia per un cambiamento così drastico?
Credo che l’energia per il cambiamento si attinga sempre da fonti positive e negative. La passione come la sofferenza sono emozioni che ci regalano un colore: sta ad ognuno di noi, ognuno compositore della propria arte, usare questi colori per dipingere il proprio quadro.
Il palcoscenico ideale per le tue performance?
Mi piacciono molto le arene: mi piace che il mio pubblico sia frontale davanti a me, perché mi dà la sensazione di vivere uno scambio, non solo dare ma anche ricevere energia. Mi piacerebbe in un contesto naturale, oppure in un teatro classico, di quelli in cui si respira la storia e la vera magia dello spettacolo.
La tua magia per un mondo più sostenibile?
Io credo molto nel contatto tra le persone, nel mio spettacolo infatti c’è anche del Tango, anche se in questo periodo di distanziamento forzato parlare di abbracci e danze a due è proprio difficile. Credo molto nell’ascolto, anche a distanza. La mia magia per un mondo più sostenibile è ascoltare il mondo stesso, e insegnare a farlo anche al mio pubblico. La natura sente le vibrazioni delle nostre emozioni, e grazie all’ascolto sono certo si riuscirebbero ad evitare tante forme di tensione nocive per noi e per il pianeta.
La tua professione ti ha portato a visitare più di 30 Paesi, qual è la città più “green” che hai visitato? Berlino e Copenaghen, senza dubbio.
Il prossimo step per rendere ancora più sostenibile la tua città?
Confido che BeCharge possa dare un importante contributo a riguardo! Una rete diffusa di supporto alla mobilità elettrica dal mio punto di vista farebbe tanto per la tutela dell’ambiente.
Cambiamento per te è…
Presenza, pazienza e meditazione. Spingere gli eventi spesso offre più resistenza che lasciarli fluire. Mettendoci sempre la giusta carica, il cambiamento è essere aperti a ciò che arriva.