Marzia ha sempre voluto un lavoro che la facesse sentire utile e l’avvocatura sembrava potesse essere la sua strada. Poi sono arrivati i dubbi, i ripensamenti, e una nuova coscienza. Per la rubrica Storie di Carica ora scopriamo qualcosa di più sul suo cambiamento…
Ciao Marzia, nel tuo racconto ci hai detto di aver studiato sodo per diventare avvocato, motivata tra le altre cose dal tuo innato senso di giustizia. Che significato hai dato nel tuo percorso di vita alla parola “giustizia”?
Nasco in una famiglia di imprenditori muranesi. Mio nonno, figura particolarmente carismatica nei miei ricordi, aveva creato da solo una vetreria artistica a Murano, attività che poi ha visto coinvolti mio padre e con il passare del tempo mia zia. Come prima cosa ho scelto di studiare legge perché volevo poter aiutare la mia famiglia nella sua attività, come poi effettivamente è successo nel corso degli anni. La molla però che mi ha fatto scegliere il percorso di studi legato alla Giurisprudenza è stata la mia sensibilità rispetto alle ingiustizie e agli abusi a danno delle categorie più deboli. Ricordo che, nel periodo in cui sceglievo il mio percorso di studi, mi imbattevo spesso in articoli di giornale che parlavano di casi di ingiustizie rivolte soprattutto a donne e minori. Il mondo femminile mi è sempre sembrato bisognoso di rappresentanti legali che in qualche modo lo tutelassero, e credo che questa mia sensibilità sia stata la vera motivazione che mi ha spinto a diventare un avvocato.
Cosa hai imparato rispetto al concetto di giustizia durante i tuoi studi e il tuo lavoro di avvocato?
Il mio senso di giustizia non è cambiato negli anni. Anzi, si è amplificato andando a prendere in considerazione non solo il diritto dell’essere umano ma anche quello animale e di tutto l’ambiente che ci circonda. Purtroppo però spesso, parlando di giustizia in termini di giurisprudenza, nella pratica diventa molto difficile mantenere una coerenza tra l’astrazione e l’applicazione della normativa. Questo mi confondeva e mi frustrava molto come avvocato.
Poi è arrivato un momento nella tua vita di forti dubbi sulla strada professionale che avevi scelto. Ricordi un episodio particolare che ti ha fatto pensare di voler rivedere le tue scelte?
Non è stato un episodio o un singolo motivo a farmi cambiare direzione.
Quando ero avvocato mi alzavo la mattina per andare in studio e mi sentivo frustrata, ogni giorno cercavo un percorso alternativo per raggiungere l’ufficio e questo per me aveva un significato di rifiuto verso la quotidianità che stavo vivendo.
La contrapposizione ad altre persone che dovevo assumere ad ogni nuova udienza mi allontanava da un necessità di armonia che nel frattempo cresceva sempre più dentro di me. Io non volevo più essere “contro” qualcuno, non volevo combattere con le persone, al contrario sentivo il bisogno di trovare un equilibrio con loro. Questo è stato il percorso interiore che mi ha spinto al cambiamento.
Ci hai raccontato di esserti concessa un anno di riflessione prima di agire un vero e proprio cambio di rotta. Cosa hai scoperto durante quel tempo?
A dire il vero è durato più di un anno il mio periodo sabbatico. Me lo sono preso per ascoltarmi da zero. Dimenticare ciò che piaceva e non piaceva alla Marzia che conoscevo, e provare a fare altro. Ho avuto il tempo per iscrivermi a corsi che avevo sempre rimandato e di scoprire argomenti di cui non mi ero mai interessata, mi sono circondata molto di natura e ho scoperto tempi e modalità nuove per vivere le mie giornate. È stato un periodo di grandissima introspezione che mi ha restituito una Marzia diversa, più in armonia con se stessa e con gli altri.
Un nuovo valore emerso da questo percorso interiore?
Il desiderio di dare il mio contributo nella condivisione di una vita più sostenibile per tutti. Il mio obiettivo è vivere questa vita lasciando un’impronta il più leggera possibile sul pianeta, perché rimanga ricco e il più possibile incontaminato.
Ci racconti qualcosa di più della tua nuova attività e dei suoi aspetti sostenibili?
Certo! Da qualche mese ho aperto un e-commerce di prodotti cosmetici e abbigliamento vegan e sostenibili. Il progetto si chiama La Gatta Diva, e all’interno si possono trovare prodotti differenti accomunati da caratteristiche di sostenibilità ambientale, etica ed economica. Il mio obiettivo è proporre ai miei clienti degli articoli che siano stati prodotti nel rispetto di chi li ha lavorati, che mantengano delle caratteristiche genuine e quindi “che facciano bene” a chi li compra, e che inquinino il meno possibile il pianeta una volta smaltiti.
Abbiamo parlato di come Mestre, la tua città, sia stato lo scenario del tuo cambiamento. Come cambieresti la tua città?
Mestre è una città industriale come molte realtà della nostra regione. Si sono fatti dei passi in avanti negli anni verso una qualità della vita dei cittadini più ecosostenibile, ma la strada è ancora lunga. Ad esempio ci sono ancora poche stazioni di ricarica per le vetture elettriche, e quelle presenti sono ormai datate e poco funzionanti. Oltre a questo personalmente sento la mancanza di spazi verdi, quindi proporrei alle amministrazioni di ripensare a un tessuto urbano con più parchi e itinerari nella natura.
Sappiamo che tu e tuo marito siete fieri sostenitori della rivoluzione e-mobility. Il prossimo viaggio che vi piacerebbe fare in auto elettrica?
Ci piacerebbe tanto andare a visitare Vienna e Budapest, città che non conosco e ricche di Art Nouveau e architettura Liberty di cui sono appassionata. È un viaggio che pianifichiamo da tempo e siamo certi che sarà molto comodo a bordo della nostra nuova auto elettrica.
Cambiamento per te è…
La capacità di ascoltarsi e adattare se stessi alle diverse forme di sensibilità che ogni fase della vita ci riserva.